Originaire du Salent (à savoir cette pointe extrême des Pouilles surnommée le « Talon d’Italie », anneau de conjonction entre la mer Ionienne et la mer Adriatique), Damiano Taurino a certainement su tirer de sa terre – aux couleurs, sons et parfums féeriques – une sensibilité profonde à l’égard des œuvres de Dame Nature, l’ayant amené à vouloir traduire la Beauté par le biais de l’expression artistique.
Ce n’est pas par hasard qu’il privilégie l’argile – autre évocation de la terre salentine –, qu’il modèle au gré de ses émotions, donnant forme à l’éclosion de Terpsichore, muse de la danse, magistralement représentée dans les corps de jeunes ballerines, dont l’allure sensuelle, opposée à l’innocence du sourire et à la douceur du regard, incarne la Femme et son énigme.

Damiano Taurino, bien qu’œuvrant à l’ère du numérique, refuse de renoncer à la tradition : il enfonce ses racines dans la matrice classique et sculpte le sixième art avec une prouesse remarquable. Ses danseuses – moins innocentes que la Petite danseuse de 14 ans de Degas, mais tout aussi pures dans leur offrande du corps en mouvement – exhibent leurs muscles tendus, leurs courbes galbées, et jouent avec leurs tutus virevoltants.
L’effort, la discipline, la force… tous des éléments propres à la danse, que l’on aperçoit ouvertement dans ces sculptures en terre cuite ou en bronze.


Les jeunes ballerines de Taurino appellent à la contemplation de l’acte chorégraphique, en invitant le spectateur, avec une grâce presque enfantine, à entendre la cadence de leurs pas de danse. Candidement provocateur c’est le petit jeu de la balançoire auquel se prête l’héroïne d'il Cerchio (Le cerceau), où la rotondité du cerceau aérien épouse la rondeur du corps de l’acrobate.
Et quand l’homme rencontre la femme, l’artiste réinterprète l’Amour :
Passo a due (Pas de deux), il Volo (Le vol), Presa (Porté), L’abbraccio (L’étreinte), évoquent, inéluctablement, l’union des amants… une union qui semblerait s’opérer sur la scène dansante de l’Opéra de l’Olympe.

Voici alors que Damiano Taurino réécrit, par le biais de son art, la mythologie antique, en faisant naître Terpsichore dans la terre salentine. Nous avons presque l’impression d’apercevoir la muse avançant dans la légèreté de ses pas, entre la douceur rassurante d’une mélodie classique et la folie périlleuse de la pizzica
 

Sara Di Santo Prada
Essayiste
Chercheur associé en langues et littératures françaises et comparées au Centre Jacques-Petit de l’Université de Franche-Comté



Originario del Salento (punta estrema della Puglia, soprannominata il "Tacco d'Italia", anello di congiunzione fra il Mar Ionio ed il Mar Adriatico), Damiano Taurino ha certamente saputo trarre dalla sua terra (dai colori, suoni, profumi fiabeschi) una profonda sensibilità per l'opera di Madre Natura, che l'ha spinto a tradurre la Bellezza per mezzo dell'espressione artistica.
Non è un caso, quindi, che Egli privilegi l'argilla - altro richiamo alla terra salentina - che modella secondo le sue emozioni, dando forma all'epifania di Tersicore, musa della danza, magistralmente rappresentata nei corpi di giovani ballerine, la cui allure sensuale, contrastando con l'innocenza del sorriso e la dolcezza dello sguardo,  incarna la Donna ed il suo enigma.

Damiano Taurino, sebbene operi nell'era tecnologica, si rifiuta di rinunciare alla tradizione: Egli affonda le sue origini nella matrice classica e scolpisce la sesta arte con notevole prodezza.
Le sue ballerine , meno innocenti della "Piccola ballerina di 14 anni" di Degas, ma altrettanto pure nell'offrire il loro corpo in movimento - esibiscono i muscoli tesi, le forme sinuose e giocano, nei loro tutu svolazzanti, con piroette irrefrenabili.
Lo sforzo, la disciplina, l'energia... tutti elementi propri della danza, che si percepiscono chiaramente in queste sculture di terracotta o bronzo.

Le giovani ballerine di Taurino sono un invito alla contemplazione dell'atto coreografico e invitano lo spettatore, con una grazia quasi infantile, a sentire la cadenza dei loro passi di danza.
Ugualmente provocante è il piccolo gioco dell'altalena cui si presta l'eroina de il Cerchio dove la forma arrotondata del cerchio aereo sposa le rotondità del corpo dell'acrobata.
E quando l'uomo incontra la donna, l'artista reinterpreta l'Amore: Passo a due, il Volo, la Presa, l'Abbraccio richiamano ineluttabilmente l'unione degli amanti... una unione che parrebbe avvenire sulla scena del Teatro dell'Opera dell'Olimpo.

Ecco, allora, che Damiano Taurino reinventa, per mezzo della sua arte, la mitologia antica, facendo nascere Tersicore in terra salentina. Ci sembra quasi di vederla la musa avanzare con la leggerezza dei suoi passi di danza, fra la dolcezza rassicurante d'una melodia classica e la follia pericolosa della pizzica.

Sara di Santo Prada
Saggista
Ricercatrice associata in lingue e letterature francesi e comparate al Centre Jacques-Petit dell'Université de Franche-Comté

  
 
Damiano Taurino ...

… il gusto della levigatezza, del ritmo sinuoso, della sensualità affiorante si ritrova in Damiano Taurino, ma anziché parlare di neoclassicismo è meglio parlare di paleolitico.

L’eleganza delle sue statue, il loro atteggiarsi aggraziato, il loro volto soffuso da un sorriso enigmatico, sono gli elementi specifici che hanno trovato nel nostro artista una rapida e convinta assimilazione.

Damiano accentua gli elementi di affidabilità formale, di tornitura anatomica, di ritmo ondulato, di flessuosità… così nascono le sue opere più belle, che rappresentano il culmine dell’edonismo formale venato da una leggera malinconia.

Il suo punto di vista dei modi plastici, che appaiono grafici e minuziosi: una sorta di parentesi chiusa rapidamente per ritornare, oltre l’occasione di un racconto quasi ecclesiastico e religioso, ai nudi muliebri di sempre.

La facoltà di Taurino di saper ridurre a una sua docile unità la varietà delle fonti; il suo culto per i ballerini è fatto soprattutto di sensitiva degustazione della forma umana di cui egli, idealizzandola quanto basti, fissa una regola di leggiadria e di articolazione ritmica in cui la sua arte si distende e si appaga.

Davanti a queste opere ho sentito una determinazione a liberarsi dalla flora lussureggiante dell’idealismo greco, un bisogno di accentuare la rigida purezza e la spoglia essenzialità degli egiziani al fine di sciogliersi e di muovere soltanto quel piccolo numero di principi immutabili che attraversano la storia dell’arte e l’evoluzione della scultura come un rivo di cristallo… soltanto dopo aver visto le prime statue di Damiano ho compreso che egli ha pagato il suo debito amaro e infernale alla sensibilità degli artisti del Rinascimento, così come alla virtuosità dei modellatori del XIX… ma assai presto egli è venuto nella determinazione di indirizzare la propria meditazione sulle acque profonde della vita delle forme, sulla nitidezza della linea dei profili.                            

                                                                         
Leandra D'Andrea
Critica d'Arte



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